oggetto | scultura |
soggetto/titolo | Maternità |
autore/ambito | Agenore Fabbri |
datazione | 1952 |
materia e tecnica | ceramica policroma |
misure | cm. 50x107x85 cm. 47.5x90.5 (con cornice) |
proprietà | Camera dei Deputati |
inventario | 20414 |
acquisizione | acquisto 04/10/1967 |
autore della fotografia | Giuseppe Schiavinotto, 2004 |
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Per approfondire | |
Opere d’arte moderna e contemporanea – Pittura e scultura A cura di C. Pirovano Leonardo International – Camera dei deputati, 2006 Nel dopoguerra la terracotta policroma, che Fabbri sentì come la materia più idonea al suo istinto creativo, diventò il mezzo più efficace per raccontare il tormento da cui eravamo appena usciti. Terracotte di un colore riarso, bruciato che sembrava trasudare da lacerazioni e ferite. Fabbri allora esasperava le sue immagini espressionisticamente, in qualche caso le esacerbava, spingendole fino al parossismo, fino all’urlo (M. De Micheli). Da “Catalogo delle opere d’arte – pittura, scultura, arazzi” A cura di A. Trombadori, V. Rivosecchi, G. Selvaggi Leonardo Arte – Camera dei deputati, 1993
È una delle personalità più rappresentative della scultura italiana postmartiniana e postmariniana, anche se la sua maturazione avviene con tempi diversi da quelli dei suoi coetanei più illustri come Manzù e Fazzini. Tuttavia, quando nell’immediato dopoguerra si trasferisce a Milano dopo un lungo apprendistato con gli artigiani della ceramica in Albisola, egli con non dura fatica riesce a inserirsi nel fervore di ricerca che caratterizza fra il 1945 e il 47 la ripresa del lavoro da parte degli esponenti più impegnati di quello che era stato, nel suo complesso letterario, artistico, politico, il movimento di “Corrente” da Birolli a Morlotti, da Treccani a Cassinari, pittori, da R. De Grada a M. De Micheli, a Duilio Morosini, critici. La sua ispirazione marcatamente espressionista e il suo impegno forte e caratterizzato dalla materia lo spingono a precisare stile e ispirazione nel gruppo di punta del movimento realista. Come tale è presentato, alla Biennale di Venezia, da Rafaele De Grada. La Maternità appartiene a una delle sue più intense stagioni creative, il pathos della figura ha raggiunto soprattutto attraverso un coraggioso lavoro sulla materia, scavate e plasmata con energia e commozione. L’effetto è accresciuto dalla appropriata policromia dei toni bruni, rossi e blu cubi. Delle opere di questo periodo così ha scritto Mario De Micheli: “L’adesione ai motivi ideali della Resistenza è stata per Fabbri la premessa su cui muovere all'invenzione dei suoi personaggi. Non potevano dunque essere davvero immagini eleganti o gradevoli quelle madri, quelle donne, quei ragazzi che egli animò della sua passione e con straordinaria libertà plastica in quella prima stagione del dopoguerra. Erano invece immagini che si torcevano come lingue di fuoco, immagini in cui il dolore si faceva disperazione e maledizione. La terracotta policroma, che egli allora sentiva e per lungo tempo sentì come la materia più idonea al suo istinto creativo, diventò il mezzo più efficace per raccontare il tormento da cui eravamo appena usciti. Erano terracotte di un colore riarso, bruciato, dove predominavano striature rossastre, grumi opachi di bianco, annerite orlature: un colore che sembrava trasudare da lacerazioni e ferite. Fabbri allora esasperava le sue immagini espressionisticamente, in qualche caso le esacerbava, spingendole fino al parossismo, sino all’urlo”.
Bibliografia essenziale M. De Micheli, in La scultura del Novecento, UTET 1981, pp. 168-173; R. Carrieri, Agenore Fabbri scultore, a cura di G. F. Giani, Edizioni della Conchiglia, Milano 1950; H. Steingräber, Agenore Fabbri, München 1988
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