oggetto | scultura |
soggetto/titolo | Unità d'Italia |
autore/ambito | Davide Calandra |
datazione | 1913 |
materia e tecnica | bronzo |
misure | cm. 1250x280x75 |
proprietà | Camera dei Deputati |
inventario | 14545 |
acquisizione | acquisto |
autore della fotografia | Marco Baldassari, 2012 |
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Per approfondire | |
Da “Catalogo delle opere d’arte – pittura, scultura, arazzi” A cura di A. Trombadori, V. Rivosecchi, G. Selvaggi
É di una famiglia di intellettuali artisti torinesi: il padre, Claudio, già deputato al Parlamento, archeologo, conoscitore di armi antiche, geologo; il fratello, Edoardo, pittore e letterato. Inizia con gli studi classici ma, dopo un breve apprendistato nello studio di Alfonso Balzico, entra all'Accademia Albertina di Torino e frequenta i corsi di Odoardo Tabacchi. Ai suoi esordi denota una linea di romanticismo sentimentale di gusto borghese, gradatamente poi, prendono corpo i suoi soggetti eroici e guerreschi (spiccato è il suo interesse per lo studio dell'anatomia e del movimento dei cavalli) la cui dichiarata intenzione di assolvere a una funzione pubblica esplicitamente celebrativa riesce, non di rado, a non sopraffare reali valori plastici ben fusi nella metafora simbolica del monumento. Sulla "Lettura" del 1913 (p. 969) Ugo Ojetti così descrive il "bassorilievo del Calandra" nell'Aula di Montecitorio: "In mezzo alla parete piana che è al diametro dell'emiciclo, e contro la quale siedono la presidenza, i questori, i segretari, sarà posto il lungo bronzo di Davide Calandra. Nel centro di esso, sotto una quercia, la figura che simboleggia la Monarchia Sabauda - una donna in costume del Mille - svolge e presenta la Carta della Costituzione: ai suoi fianchi in piedi, stanno la Forza delle armi e la Diplomazia. Sull'estrema destra del bassorilievo, svanendo verso il fondo, appaiono i primi principi di Casa Savoia, Umberto Biancamano, una delle più maschie e belle figure equestri modellate dal Calandra, Emanuele Filiberto che dalla Savoia portò la capitale di qua delle Alpi in Piemonte, Carlo Emanuele I il fiero assertore in guerra e in diplomazia della necessità di cacciare i dominatori stranieri, Vittorio Amedeo II liberatore del Piemonte e primo re. Nel fondo si profilano le Alpi dominate dalla piramide del Monviso e, sotto, si scorge un esercito in marcia. Da sinistra, un esercito moderno continua la marcia dell'esercito antico e, tra i cavalieri in prima linea riappaiono Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, il duca Ferdinando di Genova, il duca Amedeo d'Aosta, Umberto I, Vittorio Emanuele III che così chiude la storica cavalcata di contro a Umberto Biancamano. Piana e chiara allegoria: un quadro storico, piuttosto, dove appunto le figure storiche reali sono le più belle ed espressive ché questo è stato sempre il carattere della scultura eroica monumentale del Calandra, aliena dai simboli, tutta muscoli e vita e movimento". Nel volume L'Aula di Montecitorio (F. M. Ricci editore 1986) il giovane studioso Lucio Scardino definisce "altorilievo" il lavoro di Calandra, in un saggio che, riferendosi alla complessiva opera dello scultore, così conclude: "La sua opera, pur carente di genialità o di acuti guizzi espressivi, rimane come precisa testimonianza del gusto di un'epoca e si apprezza per l'impeccabile mestiere, la limpidezza espressiva, la sobrietà d'accenti. In senso ideologico e storico si può vedere in lui il più significativo esponente dell'apporto piemontese-sabaudo alla formazione di un lessico figurativo nazionale: il Vecchio Piemonte si pone al servizio del nuovo Stato, Cavour si permuta in Giolitti, Edoardo Calandra in Guido Gozzano. Davide perseguì questo ideale con indubbia moralità, con l'utopistica buona fede di un galantuomo e - stilisticamente - senza alcun fremito di rivolta, appoggiandosi agli schemi più consolidati, corrette qua e là da accenti più modernisti o, perlomeno, non particolarmente accademici". Un giudizio da condividersi. In particolare l'accenno agli "accenti più modernisti o perlomeno non particolarmente accademici" può suggerire una lettura dell'opera di Calandra, e, in particolare, l'"Unità d'Italia" in una chiave non soltanto celebrativa e più ricca di autonomi valori d'arte di quanto non sia stato esaurientemente registrato.
C. Ricci, Davide Calandra scultore, Milano s. d. [1916]; La gipsoteca Davide Calandra, a cura di A. A. Mola, Savigliano 1975; A. Panzetta, Dizionario degli Scultori italiani dell'Ottocento, Ed. V. Allemandi, Torino 1989, pp. 42-43 |