I primi anni cinquanta in Italia vedono l'incontro/scontro tra tendenze artistiche antitetiche e il pieno coinvolgimento dei protagonisti della vita culturale: nascono correnti contrapposte e numerosi artisti si riuniscono in gruppi presentando opere e idee nelle principali rassegne nazionali e internazionali.
Mandelli, allievo di Giorgio Morandi e Virgilio Guidi, vive appieno il clima del periodo ma, dopo un viaggio di aggiornamento a Parigi nel 1947 in compagnia di Moreni e Morlotti e la partecipazione attiva ai vivaci dibattiti in corso, matura "una scelta autonoma e coscientemente propria, una via indipendente anche rispetto all'ambiente bolognese, sorretta dall'acume critico e storico di Francesco Arcangeli" (Quattrini, p. 256). Il noto critico bolognese e il pittore si incontrano nel 1940 e da quel momento si costituisce un intenso sodalizio umano oltre che artistico che li terrà uniti fino alla morte di Arcangeli nel 1974. E' proprio Arcangeli a coniare per Mandelli, Moreni e Morlotti, il termine di "ultimi naturalisti", pittori che "immergendosi nella natura, praticavano la possibilità estrema di dipingerla" (Parmiggiani, p. 13). Il rapporto quasi di identificazione con la natura sostanzia le opere di Mandelli, sin dagli anni trenta, e dà vita a quel processo evolutivo nella sua arte che lo stesso pittore descrive come un atto profondo di cancellazione dei particolari non determinanti per arrivare alla sintesi ultima. "Sarei arrivato alla sintesi dopo, e avrebbe voluto dire, attraverso i miei segni, eliminare, togliere, con il dipinto che sarebbe diventato un campo di battaglia, partecipare, cogliere l'attimo fuggente" (Mandelli, in Parmiggiani, p. 20).
Già dal viaggio a Parigi l'artista dà inizio al suo percorso verso la semplificazione, verso l'essenziale: i paesaggi realizzati in questi anni sono evocazioni, segnati da una strutturazione in volumi ormai fragile, in disgregazione, immersa in una luce vaporosa e avvolta da un cromatismo lirico, ultimo baluardo alla dissoluzione delle forme e alla compenetrazione delle masse. "Dalla sua dolce ostinazione sui temi del paesaggio e della figura Mandelli ha saputo trarre momenti inconfondibili; tanto più personali quanto più egli ha saputo tradurre, da un lato, spunti post-impressionistici, dall'altro motivi di formalismo orgoglioso, in una delicata intimità. Paesaggi mesti o ridenti, dove la luce della terra è come un ricordo, figure fragili, come larve ombrose salvate dalla memoria e dal cuore: questi sono gli aspetti della sua opera che - pensiamo- non saranno dimenticati" (Arcangeli, p. 62).
Dallo studio si inserisce in questa fase, segnando un momento di passaggio dalle ultime vedute della città, che Mandelli ammirava e ritraeva dall'altana del suo vecchio studio, a quelle della natura con i prati, i frutteti, studiati dal suo nuovo studio in periferia e poi dal vero, en plein air. A questo percorso di immersione nella natura si affianca il cambiamento nella resa della forma, che dalla scomposizione dei volumi, si muove verso la loro compenetrazione, per giungere alla stratificazione e sovrapposizione dei colori senza degli schemi formali precostituiti e approdare al concetto di colore-materia che assorbe in sé l'intero organismo del quadro.
a cura della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma
Bibliografia
F. Arcangeli, Presentazione, catalogo XXVI Biennale di Venezia, 1952, in Pompilio Mandelli. Il brivido della vita, Milano 2002, p. 62
G. Raimondi, I paesaggi di Pompilio Mandelli dal '45 al '65, in F. Arcangeli, G. Raimondi, Pompilio Mandelli, Bologna 1972, s.p.
A. Trombadori, V. Rivosecchi, G. Selvaggi, Camera dei deputati. Catalogo delle opere d'arte. Pittura, scultura, arazzi, Milano 1993, n. 120, pp. 63-64
A. Quattrini, Profilo biografico, in Pompilio Mandelli. Il brivido della vita, Milano 2002, pp. 255-258
S. Parmiggiani, Viaggio al termine della natura, in Pompilio Mandelli. Il brivido della vita, Milano 2002, pp. 11-35
C. Pirovano, a cura di, Camera dei deputati. Opere d'arte moderna e contemporanea. Pittura e scultura, Milano 2006, n. 72, pp. 72-73; p. 187