Vespignani inizia a dipingere e incidere le prime acqueforti durante l'occupazione nazista di Roma, raffigurando la situazione drammatica e cruda della realtà del momento, testimoniando la desolazione della povertà della periferia, le rovine lasciate dai bombardamenti, la miseria e lo squallore del vivere quotidiano. La sua produzione trae ispirazione, tra gli altri, anche dai grandi disegnatori e incisivi caricaturisti George Grosz e Otto Dix, per la tagliente e lucida visione della realtà rappresentata senza filtri e nella sua brutale e sgradevole apparenza.
Alla fine del conflitto dà vita con altri giovani pittori (Muccini, Urbinati, Zigaina, Buratti) a quella che sarà definita come Scuola di Portonaccio, dalla zona dove l'artista era cresciuto e viveva. L'intento del gruppo, di chiara impostazione realista, è quello di ritrarre i quartieri popolari della capitale, restituendo un'immagine della città alternativa a quella, più celebre e aulica, del vedutismo romano dei monumenti, delle ville, delle aree del centro storico. I titoli delle sue opere manifestano appieno tali finalità: Vagoni (1946), Verso il Quadraro (1946), Casa popolare (1947), Scalo tiburtino (1947), Periferia con relitto (1958), Parete cieca (1961). I soggetti dei suoi dipinti, così come della sua ampia produzione grafica, sono le locomotive, i convogli ferroviari, gli scali abbandonati, i palazzi della borgata descrivendo il nuovo paesaggio urbano e dotandolo di una forte connotazione psicologica. Non si tratta esclusivamente di una caratterizzazione topografica ma è una nuova narrazione della città, vissuta e compresa emozionalmente e percettivamente. I luoghi raffigurati sono reali ma gli elementi descritti assurgono a livello di simbolo, trasfigurandosi in una personale geografia urbana.
Le sue immagini raccontano dell'emarginazione delle periferie, di un "habitat non più umano" e su tutto "un senso mesto, universale e mai contraddetto di continua solitudine" (Venturoli, p. 60).
Le due opere della Camera dei Deputati, realizzate negli anni sessanta, sono emblematiche di questa sua visione poetica: raffigurano scorci di palazzi, ferrovie e, come nuove icone, tralicci e gru perfettamente resi dal segno della china. Si legge nelle immagini anche una denuncia sociale, una posizione che appartiene pienamente all'attività di Vespignani. L'artista fa parte del gruppo fondatore della rivista "Città aperta" (1956), incentrata su tematiche legate alla cultura urbana, e partecipa attivamente ai dibattiti del periodo. La sua profonda esigenza di legarsi alla cronaca si rende evidente nelle sue opere e l'artista testimonia la sua posizione apponendo sulla carta il suo "segno" particolare: "[...] i suoi inchiostri misti a matite, inchiostri colorati, chine, chine colorate" (Venturoli, p. 65), con i quali riempi3 "lo spazio di cose, episodio dopo episodio, elemento dopo elemento, una presa diretta fra retina e tela, fra pupilla e foglio di carta, particolari che si legano insieme, essenzialità di fatti" (Venturoli, p. 64).
a cura della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma
Bibliografia - Vespignani 1966
A.Trombadori, V. Rivosecchi, G. Selvaggi, Camera dei deputati. Catalogo delle opere d'arte. Pittura, scultura, arazzi, Milano 1993, n. 161, p. 78
M. Venturoli, Le prime immagini di Renzo Vespignani (1943-1974), in Renzo Vespignani, Disegni e incisioni all'acquaforte. 1943-1983, catalogo della mostra, Fondazione Tito Balestra, Castello Malatestiano di Longiano, 6 novembre 1999 - 27 febbraio 2000, Longiano 1999, pp. 25-38
Renzo Vespignani, Disegni e incisioni all'acquaforte. 1943-1983, catalogo della mostra, Fondazione Tito Balestra, Castello Malatestiano di Longiano, 6 novembre 1999 - 27 febbraio 2000, Longiano 1999
C. Pirovano, a cura di, Camera dei deputati. Opere d'arte moderna e contemporanea. Pittura e scultura, Milano 2006, n. 104, pp. 94-95; p. 200
L'Italia della Repubblica, catalogo della mostra, Roma, Complesso del Vittoriano, dal 07/03/2006 al 12/04/2006