oggetto | dipinto |
soggetto/titolo | La morte di Zerbino |
autore/ambito | Massimo D'Azeglio |
datazione | XIX |
materia e tecnica | olio su tela |
misure | cm. 120x96 cm. 144x121 (con cornice) |
proprietà | Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano |
provenienza | Accademia di Belle Arti di Brera |
inventario | Collezzione dell'Accademia, inv. n° 104 |
acquisizione | deposito temporaneo 04/10/1927 |
mostre | Massimo D'Azeglio, primo centenario della morte, Torino, Galleria civica d'Arte moderna, Aprile - Maggio 1966 Massimo D'Azeglio e l'intenzione del paesaggio istriato, Torino, , dal 08/11/2002 al 28/02/2003 "I voli dell'Ariosto. Geografia, storia e fortuna di un poeta estense", Tivoli, Villa D'Este, da giugno a ottobre/2016 |
autore della fotografia | Giuseppe Schiavinotto, 2004 |
La Camera dei deputati è a disposizione degli aventi diritto per ogni questione relativa alle immagini pubblicate e provvederà, ove necessario, alle opportune rettifiche o correzioni | |
Per approfondire | |
Da "Catalogo mostra - Giuseppe Bezzuoli 1784-1855 Un grande protagonista della pittura romantica" "per debolezza più non potea gire; si che fermossi appresso una fontana. Non sa che far né che non si debba dire per aiutarlo la donzella umana. Sol di disagio lo vede morire". Protagonista della tela è il grande "paesaggio istoriato", immaginato da d'Azeglio mescolando gli sfondi dei tanti quadri da lui dipinti successivamente al noto La morte del conte Josselin di Montmorency del 1825 (Torino, Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea), agli spunti presi sul vero fin dalla giovinezza, quando, nel corso del secondo decennio dell'Ottocento, egli esplorava la campagna nei dintorni di Roma a stretto contatto con la nuova generazione di paesisti italiani ed europei attivi localmente. Fra gli altri, gli olandesi Hendrik Voogd e Abrham Teerlink, il belga Martin Verstappen, il francese Pierre-Athanase Chauvin e il bolognese Giovan Battista Bassi, "dominatori di una delle più felici epoche artistiche" delle quali d'Azeglio serbasse memoria. In questo dipinto, Zerbino trova la sua morte lungo un sentiero interrotto da uno specchio d'acqua generato dal cadere fragoroso di un'alta e scenografica cascata che è linfa per la rigogliosa e fitta vegetazione cresciuta nei suoi dintorni, la cui massa frondosa e scura contrasta col cielo tinteggiato di pennellate dalle tonalità rosee, forse a indicare che il sole, come la vita di Zerbino, assistito da Isabella in primo piano , sta ormai volgendo al termine. L'importanza di Ludovico Ariosto nell'operato di Massimo d'Azeglio, e conseguentemente in quello di pittori che, come Giuseppe Bezzuoli, risentiranno della sua scuola, è da lui sottolineata in un passo dell'autobiografia. "L'Ariosto mi fornì la massima parte dei miei primi soggetti, e non avrei saputo trovar meglio altrove", scrive d'Azeglio, puntualizzando subito dopo che la fonte letteraria era comunque stimolo per un'immaginazione tesa a ideare opere che ben comunicassero un equilibrio fra le fantastiche gesta eroiche dei protagonisti dell'epopea ariostesca e il rispetto per il "vero": "Volendo io seguire una pittura, che da un lato mi fornisse il modo di valermi dé miei lunghi e faticosi studi co' quali tentai di avvicinarmi alla verità [sic], e dall'altro lasciasse un ampio spazio alla fantasia ed a concetti elevati", scrive sempre il piemontese, "nessuno più dell'Ariosto poteva aiutarmi". A guidarlo era principalmente il sentimento della natura": "Mai pensavo all'effetto direttamente; ma se l'ottenevo, desideravo ottenerlo nobilmente, ascoltando con pazienza i consigli che il sentimento della natura mi suggeriva. Forse in quel tempo l'arte non era compresa a questo modo epperciò io fui una novità, una cosa curiosa". Una novità, quella portata da d'Azeglio nella pittura italiana romantica, il cui successo è avvertibile anche in Toscana. E non solo in relazione all'operato di Bezzuoli, come dimostra la sua versione della Morte di Zerbino, contemporanemanete a quella di d'Azeglio; ma anche in rapporto al piu allargato milieu cittadino e accademico. Nel 1846, due anni dopo l'elezione di Bezzuoli alla cattedra di pittura all'Accademia di Belle Arti, in quest'ultima fu esposto un dipinto di d'Azeglio, commissionato da tale Adriano Pasquinelli, raffigurante in Episodio dell'Algeria, da identificare, probabilmente, con quella "battaglia piena di vita e di movimento" (non rintracciata) che pochi mesi prima il piemontese aveva esposto alla Società Promotrice di Belle Arti, sempre di Firenze , dove fu ben accolta dalla critica locale. Bibliografia essenziale Massimo d'Azeglio 2002, p.249, n.82; C. Ghibaudi, in I voli dell'Ariosto 2016, p.262.
|