Conclusa l'esperienza legata a Valori Plastici, Morandi inizia un percorso di avvicinamento alla ripresa dal vero che caratterizzerà la sua produzione dagli anni Venti. Il suo interesse si concentra sul paesaggio, inteso come "tema" e non come "genere" artistico, dando ampio spazio alla riflessione su questioni interne alla pittura, alla costruzione strutturale del dipinto, all'intelaiatura dei colori. Contrapponendo le sue meditazioni alle polemiche di cui il paesaggio era stato oggetto da parte dell'avanguardia futurista prima e della pittura metafisica poi, a partire dal 1921 Morandi, contemporaneamente a Carrà, inizia a ragionare sulle modalità di semplificazione delle immagini, astraendo la sua indagine sul paesaggio da una scontata riproduzione della realtà. Accanto alle nature morte e ai fiori, Morandi si dedica assiduamente al "lavoro dal vero", rappresentando le zone intorno ai colli bolognesi, i calanchi emiliani, Grizzana. Qualsiasi presenza umana viene abolita dai suoi dipinti cui darà il titolo di Paesaggi, senza ulteriori connotazioni. Inizia una lunga stagione creativa durante la quale l'artista si concentra su un ristretto numero di soggetti: tale presupposto, che avrebbe potuto dare origine a opere come ripetizioni seriali, lo conduce invece a progettare i suoi dipinti "come una variazione sull'uno o sull'altro di questi pochi temi", come affermò lui stesso.
A partire dai paesaggi del 1922, dove si legge la riflessione su Corot, Morandi si muove verso una ricerca di essenzialità e di volontà costruttiva, come si percepisce in Paesaggio (Casa rosa) del 1927. Il paesaggio dalla struttura definita, dimentico ormai delle necessità naturalistiche, è costruito attraverso l'opposizione tra la casa vista dal basso accecata dal sole e l'azzurro pieno del cielo, tra la zona superiore immersa in un'accecante luce estiva e quella inferiore dove domina una luce diffusa. La "forma-colore" diventa il modulo tecnico costruttivo con cui l'artista lavora e definisce le sue opere. Nel dipinto del 1927 traspaiono tutti i modelli visti e incamerati da Morandi: tra tutti, Cezanne e la sua Maison lézardée (1892-94, Metropolitan Museum New York) che, si sottolinea, Morandi aveva visto in un'illustrazione in bianco e nero. Dall'artista francese Morandi acquisisce la tensione verso una "semplificazione" spaziale e delle forme. E poi Piero della Francesca, interpretato tramite la lezione di Longhi -che nel 1934 definì Morandi "uno dei migliori pittori viventi d'Italia"- che puntualizzava la disposizione dei volumi del pittore quattrocentesco e la sua perfetta sintesi di forma e colore. Sicuramente la Casa rosa si configura come una delle opere cardine della ricerca dell'artista bolognese che già un anno dopo, nel rappresentare lo stesso soggetto ma da un'inquadratura diversa, manifesta sempre di più l'interesse per uno spazio strutturato in termini architettonici, dove le dimensioni del dipinto si riducono e la visione si fa più ravvicinata.
A cura della Soprintendenza Speciale di Roma, Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
Bibliografia
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V. Rivosecchi, Arte a Montecitorio. Mostra di dipinti e sculture conservati nei palazzi della Camera, catalogo della mostra Roma, Palazzo di Montecitorio 26 dicembre 1994 - 26 febbraio 1995), Roma 1994, n. 72, p. 85
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M.C. Bandera, R. Miracco, Morandi 1890-1964, catalogo della mostra (N.Y. The Metropolita Museum 16 settembre 2008 - 14 dicembre 2008; Bologna MaMbo 22 gennaio 2009-12 aprile 2009), Milano 2008, n. 28