Al rientro a Roma nel 1931, dopo lo stimolante soggiorno parigino (1928-30), Pirandello espone le sue recenti realizzazioni in una personale presso la Galleria di Roma, ottenendo dalla critica un generale riscontro positivo e riconoscimenti sul "cambiamento intervenuto nella sua pittura, meno attenta ai problemi della resa della luce e più concentrata sulla costruzione dell'immagine attraverso le linee e i colori" (Bonani, p. 108). Tra le varie opere esposte figura Tetti e monti di Roma¸ da considerarsi una delle prime creazioni dei paesaggi romani, tema costantemente frequentato dal pittore per tutti gli anni trenta e la prima metà degli anni quaranta. Sono numerosi i dipinti che Pirandello dedica alla rappresentazione della sua città: vedute dall'alto, con una predilezione per la riproduzione dei tetti e delle terrazze romane, tra i quali si ergono le cupole e i campanili che caratterizzano il panorama della capitale, nonché frammenti di monumenti e note emergenze architettoniche. Si tratta di opere dai titoli simili, dove una palese preferenza è conferita alla scelta dei "Tetti di Roma" e dei "Paesaggi romani".
In questi anni Pirandello è invitato a esporre alle Mostre d'Arte del Sindacato fascista, alle Esposizioni Biennali Internazionali d'Arte di Venezia (1932, 1934), alle Quadriennali d'Arte Nazionali di Roma (1935, 1939, 1943) e in molte gallerie private: le sue qualità pittoriche sono generalmente riconosciute e se ne evidenzia il carattere di modernità, individuando come tratti caratteristici della sua produzione la volontà di una rappresentazione realistica e al contempo l'inclinazione per una prospettiva straniata ed emozionale. Alberto Neppi ne aveva colto tali caratteri già nel 1931: "[...] ma riconosciamo, tuttavia, cha anche le manifestazioni figuristiche del pittore romano non smentiscono in fondo la sua natura intima di poeta, ove si considerino le qualità dei pigmenti e dei rapporti tonali, che trovano poi, nelle nature morte e nei paesaggi, il loro miglior campo d'azione emotiva [...]" (Neppi, in Bonani, p. 109).
Paesaggio romano si inserisce appieno in questa duplicità di visione: la necessità di un'adesione al reale e la compresente aspirazione ad andare oltre la presenza fisica delle cose, come riconosce Roberto Melli in un attento e lungo articolo uscito nel 1934 sulle pagine di «Quadrivio». Il dipinto offre un suggestivo scorcio di Roma, nel quale alcuni particolari risultano immediatamente identificabili (il Monumento a Vittorio Emanuele II) ma gli stessi sono immersi in un'atmosfera più emozionale ed intima che di veridica resa topografica. E' una descrizione della città "che ti cattura per la sua bellezza, ma che Pirandello descrive in tutta la sua decadenza di muri scrostati, di altane corrose, anche in questo caso non attratto da una trasfigurazione in positivo, bensì dalla rappresentazione del suo aspetto più ordinario e confacente alla comune percezione della vita di ogni giorno" (Gian Ferrari, 1999-2000, p. 13).
Il dipinto è stato variamente datato: da una sua iniziale collocazione agli anni 1931-32 (Gianferrari, 1991, p. 106; Quesada, p. 232) accostandolo alle prime creazioni realizzate dopo l'intermezzo parigino, è stato in seguito assegnato nel Catalogo Ragionato al 1939, per affinità con altri paesaggi dall'analoga struttura compositiva (Gian Ferrari, 2009, p. 126). Si tratta di un nucleo di opere lontane "da ogni intenzionalità ideologica sociale o politica" (Giuffrè, p. 97) e per le quali l'interesse si concentra sulla resa materica: "un orizzonte ampio di cupole e tetti affioranti da una sorta di melma cromatica" (Giuffrè, p. 96), dove, con le parole dello stesso Pirandello "[...] le grandi case di prima sembrano ora minute, patite, strutte, ché la misura base di queste nuove è all'incirca il Monumento Vittorio Emanuele, tanto che S. Pietro regge e non regge il confronto e mi sa che la farà da padrone per poco ancora" (Pirandello, p. 3).
a cura della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma
Bibliografia
F. Pirandello, Paesaggio di Roma, in "Quadrivio", Roma, 31 maggi 1942, pp. 23-31, cit. in Flavia Matitti, Telesio Interlandi collezionista di fausto Pirandello e tre scritti del pittore apparsi sulla rivista "Quadrivio", in C. Gian Ferrari, a cura di, Fausto Pirandello alle Quadriennali del 1935 e del 1939, Milano, 2010
G. Giuffrè, Fausto Pirandello con un'appendice di scritti inediti, Roma 1984, pp. 95-97
C. Gian Ferrari, Fausto Pirandello, Roma 1991, p. 106, n. 54
M. Quesada, Fausto Pirandello, in Nove maestri della Scuola Romana, Torino 1992, pp. 232-257
A. Trombadori, V. Rivosecchi, G. Selvaggi, Camera dei deputati. Catalogo delle opere d'arte. Pittura, scultura, arazzi, Milano 1993, n. 67, p. 43; tav. p. 152
V. Rivosecchi, Arte a Montecitorio. Mostra di dipinti e sculture conservati nei palazzi della Camera, catalogo della mostra Roma, Palazzo di Montecitorio 26 dicembre 1994 - 26 febbraio 1995), Roma 1994, n. 86, p. 99
C. Gian Ferrari, Fausto Pirandello: una lucida ossessione, in M. Fagiolo dell'Arco con la collaborazione di C. Gian Ferrari, Fausto Pirandello. La vita attuale e la favola eterna, mostra del centenario, Roma, Palazzo delle Esposizioni 20 ottobre 1999 - 10 gennaio 2000, pp. 11-13
Montecitorio e la bella pittura 1900 - 1945, catalogo della mostra, Roma, Camera dei Deputati, 1 marzo - 9 aprile 2004, pp. 148-149
C. Pirovano, a cura di, Camera dei deputati. Opere d'arte moderna e contemporanea. Pittura e scultura, Milano 2006, n. 38, p. 48; p. 192
A.Neppi, Fausto Pirandello e Luigi Bartolini, in «Il Lavoro Fascista», Roma, 4 giugno 1931, in P. Bonani, Apparati, in F. D'Amico, M. Goldin, Pirandello. Le nature morte, Treviso 2007, catalogo della mostra Brescia, Museo di Santa Giulia 20 gennaio - 25 marzo 2007, pp. 97- 210
P. Bonani, Apparati, in F. D'Amico, M. Goldin, Pirandello. Le nature morte, Treviso 2007, catalogo della mostra Brescia, Museo di Santa Giulia 20 gennaio - 25 marzo 2007, pp. 97- 210
C. Gian Ferrari, Fausto Pirandello, Milano 2009, p. 126, n. 196