Data il 6 novembre 1903 il verbale di donazione del dipinto luinesco alla Pinacoteca di Brera, che dal 4 ottobre 1927 è valorizzato in forma di deposito temporaneo presso la Camera dei Deputati.
Una cortina di tende si apre contro un fondale scuro e gli scuri, diffusi, modellano le figure. Al centro della composizione, su un piano di posa prossimo al riguardante, la Vergine seduta regge il Bambino che con la mano sinistra esibisce il globo, qualificandosi come Salvator Mundi, in ottemperanza alla cotitolazione della basilica che ospita il monumentale modello di mano di Bernardino Luini: quella dedicata a San Magno e al Salvatore a Legnano, nel milanese.
Si tratta infatti di una copia antica - difficile stabilire se tardocinquecentesca o seicentesca - del pannello centrale dell'ancona del tempio rinascimentale. La riproduzione dell'illustre modello è parziale, in quanto la Vergine nella copia non è a tutta figura, e presenta delle varianti.
Giova rammentare i caratteri e la storia del modello per meglio contestualizzare la cultura di questa copia.
Il dipinto braidense si riferisce all'imponente ancona legnanese, probabilmente costruita e dipinta per volere delle famiglie Lampugnani e Vismara. Essa è dotata di un'importante cornice lignea dorata e intagliata con motivi a racemi dall'impronta marcatamente classica, che orna l'abside retrostante l'altar maggiore del templum cinquecentesco terminato di costruire nel 1513.
Quel polittico vanta debiti con la tradizione bramantiniana e Cesare da Sesto, ma soprattutto tradisce apertamente, nel marcato raffaellismo, il viaggio a Roma di Bernardino Luini, compiuto prima del 1521.
Tale macchina d'altare non cessò di suscitare ammirazione fin dal momento della sua collocazione in situ. Per due secoli il lavoro di Luini rimase al centro delle attenzioni della Fabbriceria: è documentato che Carlo Borromeo (1570) si sia preoccupato che le trasformazioni tridentine della basilica non offuscassero la piena visibilità del manufatto. Nella prima metà del Seicento due estimatori d'eccezione - i cardinali Federico Borromeo e Cesare Monti - ne fecero trarre delle copie, quasi tutte concentrate a riprodurre particolari dell'apparato centrale. Non solo la committenza ecclesiastica, ma il collezionismo tra fine Cinquecento e inizi Seicento dimostrò un acceso interesse per le copie dal Luini il quale, assieme a Leonardo, a quel tempo visse un vero e proprio revival, quasi assurgendo, in Lombardia, a canone per la rappresentazione della figura sacra.
Un ulteriore momento di importanza storica del modello legnanese si colloca tra fine Settecento e inizi Ottocento, quando collezionisti inglesi e tedeschi offrirono cifre definite dalle fonti "esorbitanti" per un tentato acquisto, che non si perfezionò grazie alla ferma opposizione della questura di Busto Arsizio.
Dal confronto tra il modello legnanese e la copia braidense, si evidenziano differenze consistenti in varianti iconografiche - il motivo imperiale della tenda in luogo del trono, che rimanda a soluzioni raffaellesche - e stilistiche - l'accentuazione generalizzata degli scuri in luogo di una luce zenitale diffusa, che conferiscono una tonalità bronzea al dipinto che vanta un carattere anche leonardesco e tipicamente lombardo.