oggetto | busto |
soggetto/titolo | Pasquale Stanislao Mancini (1817 - 1888) |
autore/ambito | Carmine Genua |
datazione | 1889 |
materia e tecnica | marmo |
misure | cm. 65.5x71x46 |
proprietà | Camera dei Deputati |
inventario | 15114 |
acquisizione | acquisto 1961 |
autore della fotografia | Giuseppe Schiavinotto, 2006 |
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Pasquale Stanislao Mancini, protagonista dell'unificazione giuridica del Regno e componente del primo Parlamento italiano, nasce a Castel Baronia il 17 marzo 1817 da famiglia benestante. Conseguita la laurea in giurisprudenza a Napoli, esercita l'attività di avvocato e studioso, divenendo illustre esponente della scuola giuridica napoletana. All'azione forense, unisce la collaborazione con diverse riviste, stringendo contatti con intellettuali liberali di altre realtà italiane. Eletto deputato nel parlamento di Napoli nel 1848, dopo la repressione del movimento liberale da parte del regime borbonico, si rifugia a Torino, nella cui università gli è assegnata la prima cattedra di diritto internazionale. La sua prolusione universitaria, dal titolo Della nazionalità come fondamento del diritto delle genti, del 1851, in cui sono chiari i riferimenti a Gioberti, è considerata un manifesto della dottrina giuridico-politica del Risorgimento. Eletto deputato nel Parlamento subalpino nell'aprile del 1860, milita nei banchi della sinistra democratica, rivelando un profilo riformista. Collabora con il governo Cavour nella gestione del processo di unificazione giuridica del Meridione, assumendo incarichi di rilievo nel Consiglio di luogotenenza per il Mezzogiorno continentale. E' quindi rieletto deputato nel nuovo Parlamento italiano, di cui sarà membro dal 1861 al 1888. Nominato nel 1862 Ministro dell'istruzione nel I gabinetto Rattazzi, che dura tuttavia pochi mesi, è poi nel 1876, Ministro della giustizia nel I Governo Depretis. A partire da questi anni si impegna nella grande opera di unificazione legislativa del Regno, seguendo in particolare la redazione del nuovo codice civile del 1865 e dei due codici di commercio, del 1865 e del 1882. Nel febbraio del 1865 presenta un progetto di legge per l'abolizione della pena di morte in tutto il Regno, che tuttavia non è approvato. Speciale attenzione dedica anche ai profili giuridici della Questione romana, partecipando ai lavori parlamentari per l'approvazione della legge sulle guarentigie (1871), su cui esprime in conclusione un parere negativo, manifestando un pensiero laico e la sua adesione alle teorie giurisdizionaliste della scuola napoletana. Sul piano accademico riceve intanto alcuni importanti riconoscimenti: nel 1873 è nominato direttore dell' Institut de droit International e nel 1881 direttore dell'Enciclopedia giuridica italiana.
Nello stesso anno è poi nominato Ministro degli esteri nel IV Governo Depretis e si adopera per la stipulazione della Triplice alleanza del 1882. Promotore di una politica coloniale nel 1885, avvia un'onerosa spedizione a Massaua, che è fonte di attacchi in Parlamento, per cui perde poi l'incarico ministeriale.
Muore a Napoli, nella villa di Capodimonte, il 26 dicembre 1888.
Frase celebre di Mancini:
"La pena di morte inoltre non è, e non può essere "correggitrice", e perciò manca del requisito essenziale di ogni pena, che è quello di migliorare il colpevole. La morte annulla le buone e le male tendenze; distrugge tutto con l'esistenza; inaridisce l'avvenire",
[tratto dal Discorso di P.S. Mancini di presentazione del progetto di legge per l'abolizione della pena di morte, tenuto alla Camera dei deputati, il 25 febbraio 1865]
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